E così, eccoci arrivati al ‘900, il “secolo breve” che ha segnato immaginario e vita comune delle nostre generazioni. Gli anni di correnti artistiche come il Decadentismo e il Futurismo, delle lotte politiche, delle dittature più feroci, della rivendicazione di diritti elettorali e sociali; ma anche il periodo della riscoperta di se stessi e della propria personalità e intimità. Il Novecento si divide, potendo semplificare, fra tensioni “collettive” e “individuali”, che si esplicano ovviamente anche nella forma artistica, nella pittura e nelle arti visive. E visto che siamo qui a parlare di vino, riscopriamo assieme come il pregiato nettare di Bacco abbia incontrato la sensibilità e le tavolozze dei nostri pittori più grandi.
Cominciamo da uno dei più noti, il “bello e dannato” di inizio Novecento, che col solo nome designa un’intera corrente pittorica: Amedeo Modigliani. Nel 1918, due anni prima della sua morte, il grande maestro livornese dipinge “L’uomo con il bicchiere di vino”, in cui sono evidenti i rimandi e gli omaggi alla corrente Impressionista e, in particolare, a Paul Cézanne. Colori morbidi, quasi vellutati, che avvolgono la forma affusolata e dinamica del corpo del soggetto. Un ritratto di un suo amico di bistrot (in quegli anni Modigliani abitava a Parigi, dove poi sarà sepolto nel cimitero di Pére Lachaise) che con la sua forma dolcemente arabescata rimanda anche all’opera di Vincent Van Gogh, col colore arancione della giacca e il blu dello sfondo a far risaltare la plastica dinamicità della posa. A destra, ovviamente, la nostra bottiglia di vino campeggia in bella mostra, pronta per essere consumata dai due commensali. La sensazione è infatti quella della soggettiva cinematografica: il protagonista è ritratto dal punto di vista di chi guarda, probabilmente lo stesso Modigliani, seduto dalla parte del tavolino che corrisponde a quella dello sguardo dello spettatore.
Viaggiamo verso gli anni ’60 e fermiamoci a rimirare la “Vita silente di uva con brocca di vino bianco e mela” di Giorgio De Chirico. Conosciutissimo per il suo stile “metafisico”, diretta derivazione del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, De Chirico si avvicina qui agli stilemi di una natura morta, ritraendo due grappoli d’uva che fanno compagnia a una brocca di vino e, appunto, a una mela. Il sottile realismo della composizione è fatto risaltare dai colori tenui e dinamici: sulle bucce d’uva, grazie al movimento del pennello, riusciamo addirittura a percepire la condensa dei grappoli, freschi di frigo e pronti per essere consumati. Anche nella brocca il vino è fermo ma dinamico, ne vediamo gli scintillii e le forme increspate sulla superficie, a sottolineare un corpo denso e viscoso, ben lontano dalla “leggerezza” dell’acqua. De Chirico, con un tratto di pennello, ci fa entrare nella composizione e ci invita a servirci. Alla sua e nostra salute.
Nel 1974 Renato Guttuso, il grande pittore siciliano, affittò un tavolino al ristorante per una settimana. Non perché avesse una fame particolarmente vorace: il suo scopo era quello di guardare, dall’alto di quella terrazzina, il mercato della “Vuccirìa” palermitana che si svolgeva sotto i suoi occhi. Da qui nacque uno dei suoi capolavori più celebri, quella “Vuccirìa”, appunto, che rende tangibili odori, sapori, suoni e colori del mercato siciliano. Ed è qui che Guttuso, in attesa dell’ispirazione, disegna il suo semplicissimo “Spaghetti con vino” (nella foto di copertina). Il titolo rispecchia fedelmente l’opera: un piatto di gustosa pasta lunga al sugo con vino rosso a fare da giusto accompagnamento. Segno che l’arte non è per forza meccanismo personalistico e complesso, ma anche sinonimo di vita quotidiana. Come a dire: l’arte è in tutte le cose. E Guttuso lo dimostra con assoluta evidenza.