C’era una volta il contadino. Figura mitica dell’immaginario comune, gran lavoratore, conoscitore della terra e dei suoi ritmi, figlio di un tempo ormai romanticamente andato.
Quel contadino che, sempre nell’immaginario comune, produceva la verdura più genuina del mondo, allevava il bestiame più pregiato, coltivava le uve da cui si ricavava il classico vino “schietto e sincero”. Un’entità quasi mitologica, idealizzata, figlia del desiderio di sfuggire ai ritmi del lavoro cittadino, meccanizzato e industriale.
Ma siamo davvero sicuri che l’amato “vino del contadino” sia davvero così buono come in tanti preferiscono credere? A costo di diventare antipatici o di fare la figura dei sapientoni, in questo articolo sfateremo qualche mito che ancora resiste e persiste.
Non parliamo ovviamente del cento per cento dei casi, ma molto spesso il vino prodotto “in casa”, a meno di non seguire regole ferree e faticose che abbiamo descritto passo passo QUI, è di qualità piuttosto mediocre, per non dire scarsa. A partire dalla vendemmia, svolta un po’ a casaccio, senza alcuna selezione delle uve, siano esse buone, troppo mature, marce o acerbe. Una mancanza di cura che, come abbiamo visto, può portare il vino a contrarre vere e proprie malattie, come il “girato” o il “filante”.
I problemi non si fermano alla fase di raccolta. Spesso il mosto, in fase di vinificazione, non segue alcun tipo di disciplinare, viene lasciato un po’ a se stesso, anche in questo caso con forti carenze nella cura del prodotto. I lieviti utilizzati sono spesso inadeguati, dozzinali, aggiunti senza aver conoscenze specifiche in ambito enologico. Parliamo, d’altronde, di un problema di costi e quantità: lieviti da 50 o 60 euro a confezione sono sicuramente troppo costosi per il nostro agricoltore, che di certo non venderà bottiglie di vino da 10 o più euro. Il prezzo finale non è sempre garanzia di qualità (un vino da 8 euro può essere anche più buono di uno da 20) ma è di sicuro un importante indicatore. Guardatevi sempre dai vini da 1 euro al litro: farete contento il portafogli, ma riserverete una brutta sorpresa al vostro stomaco.
Per non parlare della fase di filtrazione, un procedimento che le cantine più affidabili e serie mettono in atto per eliminare l’intorbidimento del mosto e le impurità del prodotto. Fase che il nostro contadino spesso lascerà un po’ al caso (vi siete mai chiesti perché il vino del contadino è così scuro da sembrare quasi “sporco”?) con conseguente perdita di qualità del prodotto finale, sia al gusto che all’olfatto. Il “mito” del vino del contadino è quindi in gran parte da sfatare, eliminando finalmente dal vocabolario quei termini “schietti e sinceri” che in realtà non vogliono dire assolutamente nulla. Il vino è il risultato finale di un processo che dura anni, costa tempo, dedizione e fatica, non passibile di alcun tipo di improvvisazione. Il vino da tavola va benissimo, a patto che conosciate i metodi di produzione. Ne va anche della vostra (e nostra) salute.